Croccanti, leggere e apparentemente innocue: le gallette di riso hanno conquistato un posto fisso nei carrelli della spesa di chi cerca un’alternativa al pane tradizionale. Negli ultimi anni il loro consumo è aumentato notevolmente, in particolare tra chi segue diete ipocaloriche o senza glutine. Ma dietro questa crescente popolarità si nasconde una questione che merita la massima attenzione: l’origine del riso utilizzato e la trasparenza delle informazioni riportate in etichetta.
Il paradosso delle gallette “salutari”
Quando acquistiamo gallette di riso, raramente ci soffermiamo a chiederci da dove provenga effettivamente la materia prima. La percezione comune le identifica come prodotto dietetico per eccellenza, ma questa convinzione rischia di farci abbassare la guardia proprio dove invece servirebbe maggiore vigilanza. Il problema non riguarda il processo produttivo in sé, quanto piuttosto la provenienza del riso e la chiarezza con cui questa informazione viene comunicata al consumatore.
In Italia e in Europa vengono commercializzate gallette prodotte sia con riso europeo sia con riso importato da paesi extra-UE. I dati della Commissione europea e della FAO mostrano che una quota significativa del riso consumato nell’Unione deriva da importazioni da Asia e America Latina, spesso destinate anche all’industria di trasformazione, inclusi prodotti come gallette e snack. Questa realtà viene spesso mascherata attraverso etichette ambigue o informazioni posizionate in modo da risultare poco visibili.
Cosa dice davvero l’etichetta (e cosa non dice)
La normativa europea sull’informazione al consumatore richiede l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza in alcuni casi specifici, e prevede che tale indicazione non sia ingannevole rispetto all’origine effettiva della materia prima principale. Per alcuni prodotti a base di cereali si applicano inoltre regolamenti specifici che disciplinano l’indicazione dell’origine quando questa differisce da quella dichiarata per il prodotto finale.
Questo quadro normativo, pur esistente, lascia tuttavia spazi interpretativi che possono rendere meno immediata per il consumatore la comprensione dell’origine effettiva del riso. Capita frequentemente di trovare diciture generiche come “prodotto in Italia” o “confezionato in Italia”, formulazioni che si riferiscono esclusivamente al luogo di lavorazione o confezionamento, senza fornire alcuna informazione sulla provenienza del riso.
La differenza è sostanziale: un prodotto può essere trasformato nel nostro Paese utilizzando materie prime provenienti dall’altra parte del mondo. L’indicazione “Made in Italy” sull’etichetta frontale cattura l’attenzione e genera fiducia, mentre l’origine effettiva del riso – quando presente – viene relegata in caratteri minuscoli sul retro della confezione, spesso con formulazioni difficili da interpretare. La normativa europea specifica che la “fabbricazione” o il “confezionamento” non coincidono automaticamente con la provenienza delle materie prime.
I rischi legati alla sicurezza del riso
Perché la provenienza del riso dovrebbe interessarci così tanto? I motivi sono molteplici e riguardano principalmente la sicurezza alimentare, in particolare la presenza di contaminanti chimici come arsenico inorganico, cadmio e residui di pesticidi.
È scientificamente documentato che il riso, per le sue caratteristiche botaniche e per il tipo di coltivazione in sommersione, tende ad accumulare più arsenico rispetto ad altri cereali. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nel suo parere scientifico del 2014 sull’arsenico inorganico negli alimenti, ha evidenziato che i prodotti a base di riso rappresentano una fonte rilevante di esposizione all’arsenico inorganico nella dieta europea, soprattutto per bambini e forti consumatori di riso.
Per questo motivo l’Unione Europea ha fissato limiti massimi specifici di arsenico inorganico nel riso e nei prodotti derivati. Studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali hanno documentato che i livelli di arsenico e cadmio possono variare significativamente in funzione delle condizioni ambientali e dei suoli di coltivazione. Ricerche condotte in diverse aree geografiche mostrano concentrazioni più elevate di arsenico in riso coltivato in aree con acque o suoli naturalmente ricchi di questo elemento, come alcune regioni dell’Asia meridionale.
All’interno dell’Unione Europea i sistemi di controllo ufficiale prevedono campionamenti, analisi e tracciabilità lungo tutta la filiera. Nei paesi extra-UE i sistemi di controllo possono essere differenti; ciò non significa automaticamente minore sicurezza, ma rende ancora più importante la trasparenza sull’origine e il rispetto delle condizioni di importazione previste dal diritto europeo. I prodotti importati nell’UE devono comunque rispettare i limiti fissati dalla legislazione comunitaria al momento dell’immissione sul mercato.

Come orientarsi tra le etichette
Il consumatore consapevole dispone di strumenti concreti per orientarsi nella scelta delle gallette di riso. Le linee guida del Ministero della Salute italiano e le indicazioni della Commissione europea sottolineano l’importanza di leggere attentamente l’etichetta, andando oltre la sola parte frontale della confezione.
L’origine del riso, quando dichiarata, può trovarsi nella lista degli ingredienti con formule del tipo “riso (origine: Italia)” oppure “riso (origine: UE/non UE)”, in una sezione specifica dedicata all’origine della materia prima, spesso vicino alla ragione sociale del produttore, o in indicazioni come “riso coltivato in Italia” o “riso di origine UE”, che specificano chiaramente la provenienza dell’ingrediente primario. Verificare questi dettagli richiede solo qualche secondo in più ma può fare una differenza sostanziale nella qualità e nella tracciabilità del prodotto che portiamo a casa.
Il costo della trasparenza
Spesso le gallette con indicazione chiara dell’origine e prodotte con riso europeo o italiano hanno un prezzo superiore rispetto a prodotti che non specificano l’origine della materia prima. Diverse analisi di mercato sul settore dei cereali trasformati mostrano che le filiere con tracciabilità più dettagliata, certificazioni di origine o biologiche e controlli aggiuntivi comportano costi maggiori di produzione e di verifica, che si riflettono sul prezzo finale.
Questa differenza economica non è casuale: riflette i maggiori costi di produzione legati al rispetto di normative più stringenti, ai controlli di qualità più rigorosi e alla tracciabilità completa della filiera. Per chi consuma regolarmente prodotti a base di riso, la scelta di articoli con filiera dichiarata e controlli documentati può essere vista come una forma di investimento in termini di qualità e trasparenza. Non si tratta necessariamente di spendere di più per principio, ma di comprendere cosa giustifica determinate differenze di prezzo e decidere consapevolmente dove allocare il proprio budget alimentare.
Oltre le apparenze salutistiche
La questione dell’origine e della chiarezza delle informazioni in etichetta richiama un tema più ampio: il diritto all’informazione sancito anche a livello europeo, che stabilisce che le informazioni sugli alimenti non devono indurre in errore, in particolare per quanto riguarda l’origine o la provenienza.
Non si tratta di demonizzare le gallette di riso né di creare allarmismi, ma di ricordare che la valutazione del rischio dipende dalla quantità consumata, dalla frequenza di consumo e dalla combinazione complessiva della dieta. Per chi sceglie le gallette per motivi di salute – controllo calorico, assenza di glutine, semplicità di ingredienti – la conoscenza dell’origine del riso e del quadro normativo sui contaminanti aiuta a rendere la scelta più informata.
La percezione di un prodotto come “salutare” non dovrebbe mai esentarci dall’applicare lo stesso spirito critico che riserviamo ad altri alimenti. Diverse ricerche in ambito di psicologia dei consumi mostrano che le auree di salubrità attribuite a certi prodotti possono portare a sottovalutare altri aspetti importanti, come la qualità delle materie prime o il contenuto di determinanti contaminanti. Proprio perché consumiamo gallette convinti di fare una scelta benefica per il nostro organismo, diventa ancora più importante verificare che questa convinzione sia fondata su basi solide.
La prossima volta che vi troverete davanti allo scaffale delle gallette, vale la pena prendersi qualche minuto per girare la confezione, leggere la lista ingredienti e cercare eventuali indicazioni sull’origine del riso. Verificare la presenza di certificazioni o diciture regolamentate significa esercitare in concreto il proprio diritto a un acquisto consapevole. Un gesto semplice, ma coerente con le raccomandazioni delle autorità sanitarie e delle norme europee in tema di informazione corretta al consumatore. La vostra salute merita questa attenzione, e la trasparenza che pretendete oggi può contribuire a migliorare gli standard di tutto il settore domani.
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