Quando acquistiamo un salame al supermercato, raramente ci soffermiamo a decifrare quella serie di sigle enigmatiche stampate sull’etichetta. Eppure, dietro codici apparentemente innocui come E250 o E252 si nascondono sostanze che meritano la nostra attenzione: i nitriti di sodio e i nitrati di potassio, conservanti ampiamente utilizzati nei salumi ma spesso difficili da riconoscere per chi non è del settore. La trasparenza è un diritto fondamentale del consumatore, ma il sistema di etichettatura attuale non sempre facilita una comprensione immediata di ciò che finisce realmente nel nostro carrello.
Il labirinto delle sigle: quando l’etichetta diventa un rebus
L’industria alimentare utilizza un sistema di codifica europeo per identificare gli additivi: la lettera E seguita da un numero. Questa nomenclatura, stabilita dal Regolamento europeo n. 1333/2008, ha uniformato le indicazioni a livello continentale ma si è trasformata in una barriera comunicativa per molti consumatori. Nel caso specifico del salame, i nitriti di sodio (E250) e i nitrati di potassio (E252) vengono regolarmente impiegati per preservare il colore rosato della carne e prevenire lo sviluppo di batteri pericolosi come il Clostridium botulinum, responsabile del botulismo.
Il problema non risiede tanto nell’utilizzo di queste sostanze, che è regolamentato e controllato con limiti massimi residui precisi, quanto nella scarsa comprensibilità delle informazioni fornite. Un consumatore medio difficilmente associa la sigla E250 ai nitriti, né comprende le implicazioni che il consumo ripetuto di questi additivi può avere sulla salute. Ogni additivo alimentare approvato dall’UE riceve un numero E, ma questa standardizzazione tecnica finisce per allontanare il consumatore dalla vera comprensione di ciò che mangia.
Cosa si nasconde davvero dietro questi codici
I nitriti e i nitrati svolgono funzioni tecnologiche importanti nella produzione dei salumi: inibiscono la crescita batterica e stabilizzano il colore caratteristico. Tuttavia, la comunità scientifica ha sollevato da anni questioni rilevanti riguardo alla loro presenza nella dieta quotidiana. Durante la cottura o la digestione in ambiente acido, queste sostanze possono trasformarsi in composti denominati nitrosammine. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , classifica le nitrosammine come cancerogene per l’uomo, sulla base di evidenze epidemiologiche e studi su animali che mostrano un aumento del rischio di cancro colorettale associato a consumi elevati di carni processate contenenti nitriti.
La normativa europea stabilisce limiti precisi per l’utilizzo di questi additivi, ma il consumatore ha il diritto di sapere esattamente cosa contiene il prodotto che sta acquistando, senza dover ricorrere a un dizionario di chimica alimentare. La questione diventa ancora più delicata quando consideriamo che molte famiglie consumano salumi con regolarità , spesso ignorando completamente la presenza di questi conservanti.
Come riconoscere gli additivi nascosti
Oltre alle sigle numeriche, esistono altre modalità attraverso cui la presenza di conservanti può risultare poco evidente. Termini come “conservanti” senza ulteriori specificazioni, caratteri minuscoli che richiedono quasi una lente d’ingrandimento, ingredienti elencati in zone poco visibili della confezione e linguaggio tecnico incomprensibile ai più sono tutte strategie che rendono difficile una scelta consapevole al momento dell’acquisto.

Leggere tra le righe: come difendersi al momento dell’acquisto
Acquisire consapevolezza significa innanzitutto imparare a interpretare correttamente le etichette. Gli additivi della serie E200-E299 appartengono alla categoria dei conservanti e includono solfiti, sorbati, benzoati, nitriti e nitrati. Nel caso del salame, dovremmo prestare particolare attenzione proprio alla presenza di codici che iniziano con E25, indicatori diretti della presenza di nitriti e nitrati.
Esistono alternative? La risposta è affermativa. Alcuni produttori stanno sperimentando processi di stagionatura che riducono drasticamente l’impiego di nitriti e nitrati, affidandosi a tempi di maturazione più lunghi e all’utilizzo di starter batterici naturali come i lattobacilli, che producono sostanze antimicrobiche naturali chiamate batteriocine. Questi prodotti senza nitriti o nitrati aggiunti esistono sul mercato, ma richiedono da parte nostra uno sforzo maggiore nella ricerca e spesso un investimento economico superiore.
Strategie pratiche per un acquisto consapevole
Quando vi trovate davanti allo scaffale dei salumi, alcuni accorgimenti possono fare la differenza. Confrontate sempre le etichette di prodotti simili prima di decidere, cercate indicazioni come “senza nitriti aggiunti” o “conservato naturalmente”, privilegiate salami con liste di ingredienti brevi e comprensibili. Non lasciatevi influenzare esclusivamente dal prezzo o dall’aspetto esteriore: un colore rosato intenso potrebbe essere proprio il segnale della presenza massiccia di nitriti.
Il ruolo dell’informazione nella tutela dei diritti
La questione degli additivi mascherati solleva un tema più ampio: quello della democratizzazione dell’informazione alimentare. Un’etichetta dovrebbe essere uno strumento di trasparenza, non un ostacolo alla comprensione. Diverse associazioni di consumatori stanno sollecitando modifiche normative che obblighino i produttori a utilizzare denominazioni più chiare accanto alle sigle tecniche.
Nel frattempo, tocca a noi consumatori sviluppare quella capacità critica necessaria per operare scelte alimentari davvero informate. Conoscere significa poter scegliere: decidere se accettare la presenza di determinati additivi nella nostra dieta, con quale frequenza consumare certi prodotti, e quando orientarci verso alternative che, pur magari più costose o meno facilmente reperibili, rispettano maggiormente i nostri criteri di qualità e sicurezza.
Il salame rimane un prodotto della tradizione gastronomica italiana che può continuare a far parte della nostra alimentazione, ma deve farlo in modo trasparente. Pretendere etichette chiare non è un capriccio: è esercitare un diritto fondamentale che la normativa ci riconosce, ma che l’attuale sistema di comunicazione spesso tradisce nella pratica quotidiana.
Indice dei contenuti
