Quando un figlio raggiunge l’età universitaria o si affaccia al mondo della formazione professionale, molti genitori si trovano spiazzati di fronte a una realtà inaspettata: quel ragazzo o quella ragazza che sembrava promettente ora fatica a trovare la motivazione, cambia continuamente percorso o addirittura abbandona gli studi. Il senso di impotenza è devastante, accompagnato dalla domanda che tutti i genitori si pongono: dove abbiamo sbagliato?
La verità è che probabilmente non avete sbagliato affatto. Quello che state vivendo è un fenomeno sempre più diffuso nella società contemporanea, dove i giovani adulti affrontano pressioni e sfide completamente diverse da quelle che avete vissuto voi alla loro età. Comprendere le radici profonde di questa mancanza di motivazione è il primo passo per poter davvero essere d’aiuto.
Il peso invisibile delle aspettative
Indagini condotte dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo hanno evidenziato livelli elevati di stress e ansia legati al rendimento tra gli studenti universitari italiani, con una quota consistente che riferisce disagio psicologico connesso alla performance accademica. In molti casi, però, il problema non è solo il carico di studio: molti giovani non stanno realmente perseguendo il loro sogno, ma quello che percepiscono come il peso invisibile delle aspettative familiari o sociali.
Vostro figlio potrebbe aver scelto Ingegneria perché “è una facoltà seria” o Medicina perché “garantisce un futuro”, quando invece il suo cuore batte per altro. Il risultato? Un impegno che langue, voti mediocri, e quella frustrazione che vedete nei suoi occhi ogni volta che parlate dell’università.
Riconoscere i segnali nascosti
Prima di intervenire, è fondamentale imparare a leggere cosa sta realmente accadendo. I campanelli d’allarme non sono sempre evidenti: procrastinazione cronica mascherata da “sono fatto così”, eccessiva socializzazione come fuga dalle responsabilità accademiche, discorsi vaghi sul futuro o cambi repentini di programmi, irritabilità quando si affronta l’argomento studi, confronti negativi costanti con coetanei più “riusciti”. Questi segnali, presi singolarmente, possono rientrare nella normalità, ma quando diventano persistenti e influiscono sul rendimento possono indicare una difficoltà più profonda.
Oltre la motivazione: capire il vero ostacolo
Le ricerche in psicologia dello sviluppo e in neuroscienze indicano che il cervello continua a maturare nella tarda adolescenza e nella giovane età adulta, in particolare nelle aree frontali implicate nella pianificazione, nel controllo degli impulsi e nella regolazione delle emozioni. Studi sullo sviluppo della corteccia prefrontale mostrano che queste aree raggiungono una maturazione funzionale solo intorno ai 23-25 anni. Questo significa che vostro figlio potrebbe letteralmente non essere ancora in grado di visualizzare il futuro e di pianificare a lungo termine nello stesso modo in cui lo fate voi.
Inoltre, la generazione attuale è cresciuta in un contesto di gratificazione immediata: accesso istantaneo a contenuti, feedback continuo sui social media, servizi on-demand. Diversi studi sul rapporto tra uso intensivo dei social media, ricerca di ricompense rapide e difficoltà di autoregolazione suggeriscono che la preferenza per benefici immediati può rendere più impegnativi i percorsi di studio in cui le ricompense arrivano solo nel medio-lungo periodo.
Strategie concrete che funzionano davvero
Smettete di motivare, iniziate a connettere
Il paradosso della motivazione è che più si cerca di spingerla dall’esterno, più si rischia di ottenere resistenza. Gli studi sulla Self-Determination Theory di Edward Deci e Richard Ryan dell’Università di Rochester mostrano che la motivazione intrinseca nasce soprattutto quando sono soddisfatti tre bisogni psicologici di base: autonomia, competenza e relazione.
Autonomia significa permettere scelte reali, non solo sulla carta: sentire di avere voce in capitolo sui propri obiettivi aumenta l’impegno e la persistenza. Competenza riguarda il percepirsi in grado di affrontare i compiti: obiettivi troppo alti o troppo vaghi minano il senso di efficacia. Relazione si riferisce al sentirsi accettati, sostenuti e connessi con le figure significative.
Invece di dire “devi laurearti in cinque anni”, può essere più efficace: “Quali sono secondo te i tempi realistici per completare questo percorso, considerando cosa vuoi davvero dalla vita?”, favorendo autonomia e responsabilità.
Ridefinire il successo insieme
Organizzate una conversazione senza giudizio dove ognuno condivide la propria definizione di “vita riuscita”. Ricerche su valori e benessere nei giovani adulti indicano che quando c’è una forte discrepanza tra i valori personali e le aspettative percepite dalla famiglia, aumenta il rischio di demotivazione, stress e sintomi depressivi.

Potreste scoprire che per vostro figlio il successo non è lo stipendio o il prestigio, ma l’equilibrio vita-lavoro, la creatività o il contributo sociale. Quando queste definizioni entrano in conflitto senza essere discusse apertamente, la motivazione crolla.
Il metodo dei micro-obiettivi tangibili
Un percorso universitario di cinque anni può sembrare un’eternità. Gli studi su autoregolazione e definizione degli obiettivi mostrano che traguardi grandi e lontani sono più sostenibili se vengono scomposti in passi specifici, vicini e misurabili.
Aiutate vostro figlio a tradurre “laurearsi” in passi concreti: completare questo esame entro febbraio, partecipare attivamente al progetto di gruppo di questo corso, studiare un certo numero di ore a settimana per una materia particolarmente ostica. La possibilità di vedere progressi frequenti rafforza il senso di competenza e la motivazione.
Quando il problema è più profondo
A volte la mancanza di motivazione nasconde questioni più serie. Studi multicentrici su studenti universitari italiani, come l’indagine UNICORN dell’Università di Torino e altre sedi, hanno rilevato una prevalenza significativa di sintomi depressivi e ansiosi nella popolazione studentesca, con stime che oscillano intorno al 10-20% per sintomi depressivi clinicamente rilevanti.
Se notate ritiro sociale marcato, cambiamenti drastici nel sonno o nell’alimentazione, calo di interessi per attività prima gradite o espressioni di disperazione, è importante considerare un supporto psicologico specializzato attraverso servizi di counseling universitari, psicologo o psichiatra. Non c’è vergogna nel chiedere aiuto: le linee guida internazionali in salute mentale raccomandano interventi precoci proprio in questa fascia d’età per ridurre il rischio di cronicizzazione dei disturbi.
Riconoscere che la situazione supera le vostre competenze genitoriali non è una sconfitta, ma un atto di responsabilità e cura.
Il ruolo trasformativo dei nonni
In questa fase delicata, i nonni possono giocare un ruolo potenzialmente molto utile. Studi sulle relazioni intergenerazionali mostrano che un legame positivo con i nonni può offrire ai giovani adulti un ulteriore cuscinetto emotivo, favorendo benessere psicologico e senso di continuità familiare.
La loro maggiore distanza dalle pressioni quotidiane, unita all’esperienza di vita, crea spesso uno spazio di ascolto diverso: un nipote potrebbe confidare a un nonno paure e dubbi che non riesce a condividere con i genitori per timore di deluderli. I nonni possono anche offrire prospettive generazionali preziose: aver attraversato cambi di carriera, crisi economiche o momenti di smarrimento e poter raccontare come li hanno affrontati contribuisce a normalizzare ciò che il giovane adulto sta vivendo.
Accettare l’imprevedibilità dei percorsi moderni
Il modello “diploma-laurea-lavoro stabile-pensione” è sempre meno rappresentativo dei percorsi professionali attuali. Secondo analisi del World Economic Forum, una quota consistente dei bambini che oggi entra nella scuola primaria si troverà a svolgere in futuro professioni che oggi non sono ancora definite, a causa dell’evoluzione tecnologica e dei cambiamenti del mercato del lavoro.
Anche se le percentuali esatte variano a seconda dei report e delle metodologie, la tendenza è chiara: i percorsi lavorativi saranno sempre più non lineari, con cambi di ruolo, riqualificazioni e nuove professioni emergenti lungo l’arco della vita. In questo contesto, un cambio di facoltà che oggi percepite come fallimento può essere, in realtà, un passaggio importante di auto-scoperta. Un anno apparentemente perso può rappresentare un investimento in consapevolezza, salute mentale o chiarificazione dei propri obiettivi, con ricadute positive sulla traiettoria futura.
Il vostro ruolo non è controllare o spingere, ma rimanere una base sicura a cui tornare quando il percorso si fa difficile. Ricerche sull’attaccamento in età adulta mostrano che sentirsi accettati e sostenuti, anche in presenza di insicurezze sul futuro, è associato a maggiore resilienza e capacità di esplorare nuove strade. Mostrate fiducia nelle capacità di vostro figlio di trovare la propria strada, anche quando quella strada non è ancora chiara neanche a lui. A volte, la motivazione non nasce dal sapere esattamente dove si vuole arrivare, ma dal sentirsi sostenuti mentre si cerca la direzione giusta.
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